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giovedì 31 maggio 2012

Il tesoro longobardo di Castel Trosino: perché deve tornare ad Ascoli.


I beni culturali e la “ crescita ” dell’Italia.
Il tesoro  longobardo di Castel Trosino: perché deve tornare ad Ascoli.

Nel lontano 1893, in un campo vicino a Castel  Trosino, venne scoperta una necropoli di epoca longobarda, ricca di preziosi reperti, che, secondo il Ministro Martini,  dopo i dovuti controlli ,  dovevano tornare nel luogo del ritrovamento.
E’ interessante, al riguardo,  riportare le  parole con cui il Ministro  il 30 giugno 1893 rispose in Senato ad un’interrogazione presentata sull’argomento dal Sen. Mariotti di Pesaro “ … Io non ho punto idea di strappare  pagine di storia. Il fare i musei come si facevano due secoli fa, raccogliendo oggetti, o curiosi, o preziosi per portarli in un  museo centrale, è una idea, a cui si ribella assolutamente la scienza moderna. L’oggetto, oltre al suo peculiare valore, ne ha uno che gli viene dallo essere conservato là dove si rinvenne….”.
                                                  Necropoli cartina

Purtroppo la  restituzione, pur giustificata da validi e fondati motivi e, quindi, non espressione degli atteggiamenti localistici e campanilistici, che sovente contraddistinguono l’operato delle comunità periferiche, non è mai avvenuta.
Per meglio comprendere i reali termini del problema appare opportuno analizzare le modalità di conservazione, esposizione e custodia delle risorse e dei reperti culturali, che caratterizzano l’offerta dei paesi più ricchi di opere d’arte, di monumenti, di aree archeologiche, di musei .
Da una parte ci sono paesi, come la Francia, che hanno privilegiato la realizzazione di grandi Contenitori, come il Museo del Louvre, in cui sono esposte opere d’arte provenienti da tutto il mondo. Questo sistema rappresenta, in qualche modo, l’essenza della decontestualizzazione. Infatti sovente le opere esposte non hanno alcun rapporto con il territorio.
Per il Museo citato, peraltro, va riconosciuto che la ricchezza dei materiali esposti, la spettacolarità del sistema espositivo, l’immagine  delle raccolte consolidata dal trascorrere del tempo hanno certamente contribuito a far superare l’effetto di straniamento e di decontestualizzazione  delle esposizioni, consolidandone l’immagine  come avente un valore in sé e come una tipica espressione della cultura  del paese che lo ospita, sì da farlo diventare un punto di riferimento irrinunciabile per i turisti, i visitatori e gli studiosi provenienti da tutto il mondo.
Strabilianti sono gli  effetti positivi sullo sviluppo del turismo e dell’economia della Francia, se si tiene presente che questo Museo richiama annualmente più di 8 milioni di visitatori, numero di gran lunga superiore alle presenze riscontrate nell’insieme di tutti i musei sparsi nella nostra amata Italia.
Ben differenti sono, invece, le caratteristiche del sistema dei musei e dei beni culturali italiani. In luogo di grandi contenitori, in Italia è presente una miriade di raccolte diffuse su tutto il territorio nazionale, espressione e documentazione della  vivace e stratificata cultura dei luoghi.
Questa parcellizzazione dell’offerta, peraltro, se da un lato permette di esaltare le specificità locali con la cui cultura e storia viene assicurato un solido ed organico legame,  dall’altro costruisce a farne perdere o ridurre  gran parte della propria forza attrattiva, non consentendo la presentazione del tutto come un sistema organico e strutturato, in grado di far apparire ogni elemento come una parte dell’insieme e non come un segmento parcellizzato disperso sul territorio.
Appare necessario, pertanto, elaborare progetti esaltanti ed avveniristici, pensando in grande e abbandonando, finalmente, quell’atteggiamento fatalistico, che alcuni collegano alla presunta presenza della “ sindrome dei pensionati mentali ”.  Decidendo, finalmente, di destinare al settore risorse adeguate, sottratte magari ai progetti di grandi opere che rappresentano, sovente, un puro costo con danni, sia economici sia ambientali, per il sistema Italia, come, per esempio, il faraonico e non si sa quanto utile e sicuro Ponte dello Stretto di Messina.
 Gli investimenti nel settore della Cultura, invece,  consentirebbero un ritorno immediato in termini di sviluppo del turismo di qualità e della conoscenza, favorendo un aumento esponenziale del numero di visitatori e contribuendo, quindi, alla creazione di buona e sicura occupazione e a quella  “ crescita ” economica di cui tanto si parla, crescita che si verificherebbe in un settore, che fonda la sua offerta sui valori della unicità e tipicità, assicurando un vantaggio competitivo anche nei confronti dei concorrenti che hanno bassi costi di produzione.
Non vanno  dimenticati, inoltre,  gli effetti positivi che queste scelte determinerebbero sul fronte della salvaguardia, tutela, conservazione, fruizione  e valorizzazione dei beni che sono l’espressione dei valori e della memoria storica del nostro paese.
Perché questa sfida possa essere affrontata con successo, peraltro, si dovranno elaborare dei progetti per mettere in rete tutto il patrimonio culturale di cui l’Italia è ricca. Bisognerà in pratica realizzare nel  paese un enorme Museo Diffuso, creando una vera e propria rete di tutte le realtà artistiche, architettoniche, urbane, archeologiche e paesaggistiche del territorio italiano, da  promuovere  quali elementi formidabili di attrazione per visite di qualità,  di scambi culturali e di conoscenza e non di semplice escursionismo, favorendo il turismo lento, che richiede la permanenza nei luoghi visitati.


                                                       Puntale longo

Prevedendo , altresì, momenti di coordinamento, di promozione integrata e di rete, la creazione di itinerari e di approfondimenti tematici. Nella consapevolezza che tutto ciò richiederà un  ruolo attivo della strutture museali già esistenti, il coinvolgimento di   nuove professionalità , l’abbandono del ruolo di semplici custodi di opere messe, sovente, sotto formaldeide.
La promozione di questo disegno sistemico potrebbe essere favorita dalla realizzazione, nella capitale, del Museo   delle Civiltà Italiche e della Storia dell’Italia, da allocare in un edificio moderno, funzionale, ampio, dotato di tutti gli strumenti tecnologici più sofisticati, simile, per la rivoluzionaria concezione, all’Auditorium di Renzo Piano e come questo immerso in un parco .Il Museo dovrà rappresentare  una introduzione alla storia e all’evoluzione delle civiltà del nostro paese con esposizione di alcune opere fondamentali ed esemplari, con pannelli illustrativi, proiezioni di filmati e tutto quanto utile  per invitare a visitare i vari musei, le aree archeologiche, i monumenti, le città, i paesaggi , i giardini presenti sul territorio per approfondirne la conoscenza ed entrare in contatto con i luoghi dove in concreto le civiltà si sono sviluppate e dove le comunità hanno prodotto le opere d’arte.
Così, per tornare al problema dei Tesori di Castel Trosino, nell’istituendo Museo delle Civiltà Italiche potrebbero essere esposti alcuni esemplari di questi reperti, con l’indicazione che  tutti gli altri sono conservati  nel luogo dove sono stati scoperti e realizzati , con un invito ad iniziare un percorso in grado di far avvicinare i visitatori  alla anima profonda dei luoghi.
Nella speranza che questo grande progetto si realizzi, riteniamo che la richiesta pressante di tutta la comunità ascolana di riavere i Tesori Longobardi di Castel Trosino debba essere finalmente soddisfatta in modo da consentirne l’esposizione nel prestigioso Forte Malatesta di Ascoli Piceno, già pronto per custodirli, proprio in vista della  necropoli dove furono rinvenuti. Dando avvio, magari, proprio con questo provvedimento al ridisegno moderno, coinvolgente, emozionante del panorama dei patrimonio culturale,  ora per tanti aspetti grigio,  del nostro grande e amato paese.
 
               Il Presidente della Sezione
                    ( Prof. Gaetano Rinaldi )
 


                                                  Forte Malatesta

 

giovedì 24 maggio 2012

Gli Incontri di Italia Nostra


Mercoledì 30 maggio, ore18.00-Libreria Rinascita
Ascoli Piceno

Il Distretto Culturale delle Terre della Primavera Sacra.
L’avvio di un “Processo Modulare”.
Come è noto la Sezione di Ascoli Piceno  sta proponendo da vario tempo la realizzazione   di un Distretto finalizzato alla valorizzazione sistemica di tutte le risorse culturali del territorio,  la cui filosofia si basa sui  fondamentali principi della  “ tutela, conservazione e fruizione”.
La probabile difficoltà di una piena comprensione della proposta insieme al timore di avventurarsi su un sentiero che presenta notevoli elementi di complessità oltre a quello della presenza del principio della tutela che potrebbe in qualche modo porre dei limiti alla piena  libertà di azione specie nel settore urbanistico, che rappresenta in genere  il tradizionale campo in cui si sviluppa l’attività economica del nostro paese, rappresentano, forse, un ostacolo insuperabile alla  realizzazione pratica di questa proposta, che pure consentirebbe di dare una risposta positiva alle esigenze di sviluppo del territorio , creando le condizioni per un aumento solido e duraturo di una buona e solida occupazione,  specie dei giovani.
Per superare questo ostacolo, si è ritenuto di aggirarlo, evitando di insistere nella presentazione di una proposta sistemica e complessiva, proponendo l’avvio di un processo modulare.
Come primo modulo si è ritenuto di proporre la realizzazione di 8 Parchi Culturali ed Ambientali, avendo come modello quanto realizzato con notevole successo nel Distretto della Val di Cornia in Toscana.
Qui  sono stati individuate le emergenze naturalistiche, minerarie, archeologiche di un ampio territorio nella zona di Piombino, provvedendo al relativo recupero e restauro , utilizzando  allo scopo  fondi comunitari.
E’ stata costituita, poi, una Società per Azioni pubblico- privata partecipata dai Comuni della Zona per la Gestione dei Parchi (  Punti di ristoro, attività di guida, custodia dei siti archeologici, gestione delle strutture residenziali, cura della sentieristica etc.)
La Società , dopo un  lieve deficit nei primi anni di attività, ripianato dai Comuni partecipanti,  chiude ora il bilancio in pareggio se non in attivo.
Nel frattempo è stato conservato nella sua più completa integrità un paesaggio di struggente bellezza, visitato annualmente da un numero veramente elevato di scolaresche e turisti italiani e stranieri.
Sono stati creati inoltre moltissimi posti di lavoro.
La stessa cosa si dovrebbe realizzare nel nostro territorio, dove si propongono i seguenti Parchi:
1- Parco degli Eremi di San Marco, del Convento di Rosara e dei sentieri dei Monti Gemelli;
2- Parco dei sistemi fluviali;
3- Parco dei Calanchi , dell’Ascensione e dei geo-siti ;
4- Parco delle terre del Tartufo;
5- Parco del Sistema Collinare Piceno;
6- Parco delle Ville Nobiliari Picene;
7- Parco delle Oasi e dei Sentieri dei Parchi Nazionali dei Monti della Laga
           e dei Monti Sibillini;
      8- Parco del sistema urbano della Città del Travertino ( torri, rue, chiostri,    orti murati, chiese e chiostri).
L’ incontro del 30 maggio p.v. presso la Libreria Rinascita vuole essere un primo incontro per illustrare la proposta.
Ad una relazione introduttiva  con cui si chiarirà quali potrebbero essere le modalità da seguire per realizzare e gestire i parchi proposti anche sulla base dell’esempio virtuoso della Val di Cornia( magari con la proiezione di un filmato dedicato a questa località) , seguiranno 8 brevi relazioni, arricchite naturalmente dalla proiezione di diapositive, volte alla illustrazione dei valori e delle emergenze dei parchi stessi.
A questo primo incontro, ne seguiranno altri dedicati alle altre numerose risorse culturali del territorio ( artigianato, enogastronomia e agro-alimentare, sistemi innovativi di residenzialità turistica e nuove forme di turismo, tutela e valorizzazione dei beni artistici ed archeologici, recupero e restauro urbano ed ambientale, modalità innovative di promozione,sistema delle manifestazioni etc).                                                In pratica un lavoro di lunga durata, che potrà sollecitare l’attenzione e il coinvolgimento dei portatori d’interessi e consentire il conseguimento degli  obiettivi raggiungibili in tempi più brevi con l’effettuazione dello “ studio di fattibilità “, non potuto realizzare per la mancanza di fondi.
La partecipazione all’incontro di tutti gli Amministratori degli Enti Locali delle Terre della Primavera Sacra e dell’Assessore al Piceno della Regione Marche, Antonio Canzian, consentirà di avviare un proficuo confronto ed accertare se c’è la reale volontà di favorire effettivamente lo sviluppo del territorio.

                            Il Presidente della Sezione di Italia Nostra
                                   ( Prof. Gaetano Rinaldi )




mercoledì 9 maggio 2012

Varianti urbanistiche di Monticelli e di Monterocco

Prosegue con pervicace determinazione l’opera di distruzione di tutte le residuali aree libere del territorio cittadino.
Così, dopo avere consentito la scomparsa dal panorama urbano di alcuni splendidi esempi di architettura civile e di archeologia industriale con il contiguo fascinoso apparato vegetale ( leggasi lottizzazione di Via Firenze e Complesso del Sacro Cuore già ex Unes –Enel ), si preannunciano ulteriori interventi di espansione edilizia nell’area Ex Carbon, già una volta indicata come spazio destinato a verde per rispettare  i parametri minimi necessari per la programmata  espansione edilizia della città, mentre è ormai solo un pio ricordo gran parte dell’area contigua all’Istituto Tecnico Agrario, che si prestava ottimamente per la realizzazione di un Parco Urbano di accettabili dimensioni e di cui la città è drammaticamente priva.
D’altronde non va dimenticato che sullo sviluppo della città pende drammaticamente la spada di Damocle  dell’eventuale riproposizione di quanto stabilito dalla variante urbanistica approvata per il cosiddetto Centro Direzionale per l’area che si estende dalla Stazione Ferroviaria sino all’Edificio dell’Aci. Si trattava di una cubatura stratosferica, con la previsione di stecche alte oltre sei piani che avrebbero occupato l’intera area edificabile, consentendo, sembra, la costruzione di  edifici in grado di ospitare un numero esorbitante di abitanti ( 6000, forse?), cosa che potrebbe essere resa ancora possibile dall’eventuale e già una volta  proposta  modifica del provvedimento, teso a prevedere insieme alla destinazione direzionale, quella commerciale e  residenziale

L’area di Villa Rendina, proposta per la variante.


Tanto per cominciare, comunque, è stata autorizzata la realizzazione di un edifici di rilevante cubatura, in luogo di quello già esistente di accettabile dimensione e con un impatto veramente esiguo, nel viale che porta alla Stazione Ferroviaria cittadina.
In realtà questa costruzione fa comprendere cioè che si verificherebbe se si dovesse insistere nella riproposizione della variante , che sembra ora “ in sonno”.
Comunque per una città che vede ridursi progressivamente il numero degli abitanti ed assiste  al drammatico invecchiamento della popolazione residente, appare francamente incomprensibile tutto quanto accade in campo urbanistico ed in particolare l’adozione di  nuove varianti che prevedono  due lottizzazioni nelle ultime  aree libere pianeggianti del territorio cittadino che, ad ovest e ad est del tessuto urbano, appaiono come le uniche conservabili nella loro fondamentale dimensione naturalistica per farne dei parchi urbani o, forse meglio, per consentirne la fruizione come “orti urbani o di prossimità”, specie considerando che, nel frattempo, si è persa la possibilità di conservare l’integrità dell’area antistante l’Ospedale di Monticelli dopo l’approvazione del Contratto di Quartiere che prevede la probabile realizzazione di un numero considerevole di edifici in uno spazio fondamentale per la vivibilità del quartiere.
(Va precisato che le due varianti edilizie in questione interessano da una parte un’area quasi a ridosso delle mura del cimitero e, dall’altra, uno spazio prossimo alle sponde del Fiume Tronto, a strade di grande traffico e al depuratore cittadino ! ).
 

Il depuratore, il fiume Tronto e l’area della variante di Villa Rendina.



 La differente destinazione da noi proposta, tra l’altro, sarebbe  coerente con lo spirito e le indicazioni del PPAR  della Regione Marche, alle cui prescrizioni, d’altra parte, il Comune di Ascoli non ha mai adeguato i suoi strumenti urbanistici e con quanto ripetutamente fatto presente dal Prof. Cervellati circa l’ormai non più accettabile ulteriore espansione edilizia della città, tenuto conto dell’abnorme consumo del territorio,  sproporzionato, rispetto alla ridotta pressione antropica e della rilevante consistenza di edifici non occupati e non utilizzati in tutto l’edificato cittadino ed in particolare nel centro storico.
Trova quindi conferma  quanto già dalla Sezione segnalato a proposito dei provvedimenti da adottare in campo urbanistico per ridare un ruolo ed una funzione alla città, privilegiando l’attività di recupero e restauro degli edifici del centro storico in condizione di abbandono, favorendone la fruizione anche con provvedimenti premiali di ordine fiscale o di altro genere, in modo da evitare la sua ulteriore periferizzazione consentendo così che riacquisti la centralità e vitalità, certamente non assicurate dalle tante manifestazioni temporanee organizzate ( quali fritti misti, aperitivi e quant’altro ), vera e propria iniezione di “morfina” che lenisce temporaneamente il dolore ma non risolve il problema.
  Senza  dimenticare   i  danni  che la nuova espansione urbanistica arreca al sistema economico complessivo della città( espansione abnorme delle spese rispetto agli oneri di urbanizzazione riscossi, progressiva distruzione del residuale  territorio fertile, aumento dell’inquinamento, riduzione della qualità della vita, perdita di valore delle abitazioni in condizione di abbandono, sfitte , inutilizzate o invendute e, aspetto più grave della questione, progressiva ulteriore perdita di ruolo del centro storico cittadino, unico fondamentale  valore aggiunto che  potrebbe dare   una prospettiva di solido e duraturo sviluppo alla città ).

    
L’area di Monterocco, contigua al Cimitero, proposta per la variante.

D’altronde è dimostrato che i comuni virtuosi che hanno scelto l’opzione del consumo zero del territorio, privilegiando la valorizzazione dei beni comuni, tra cui vanno compresi indiscutibilmente il paesaggio, il territorio, l’ambiente, per queste scelte fatte sono in  condizione economica soddisfacente e sono in grado di destinare le risorse risparmiate al miglioramento dei servizi e della  qualità della vita, sì da porsi, ormai, come un valido esempio di sana gestione della cosa pubblica in grado di assicurare un armonico e civile sviluppo della comunità. 
   Basti, a riguardo,  vedere quanto realizzato dal Comune di Capannori in Provincia di Lucca, che andrebbe assunto come un termine di paragone  per una gestione moderna, civile, equa ed economicamente sana.
  L’augurio è che il Consiglio Comunale di Ascoli , prima di adottare le nuove varianti, tenga ben presenti le considerazioni formulate con questa nota , seguendo, magari, l’esempio del Comune di San Benedetto del Tronto, che, di fronte all’opposizione concorde della comunità rivierasca, ha avuto il coraggio di rinunziare all’intenzione di distruggere l’ultimo lembo libero del territorio pianeggiante cittadino. E’ da augurarsi, altresì, che, sulla vicenda si sviluppi un libero e franco dibattito che coinvolga l’intera comunità(chiamata, magari, a partecipare attivamente alle scelte con lo svolgimento di un referendum) in modo che si chiariscano nella maniera più limpida i reali termini del problema, tenendo presente, comunque, quanto a più riprese sostenuto dal Prof. Cervellati  in merito al  già eccessivo consumo del territorio, consumo che va, a nostro parere, interrotto da subito e non in un futuro, quando ormai tutto sarà definitivamente perduto.

                                      Il Presidente della Sezione
                                               (Prof. Gaetano Rinaldi)