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martedì 29 marzo 2011

Gli eremi del Colle San Marco e il  Monastero di San Giorgio di Rosara.

Il turista che, per avventura, dopo aver ammirato lo splendore del centro storico di Ascoli, attratto dall’incantevole paesaggio si incamminerà verso il Colle San Marco , recandosi sino all’incantevole chiesetta e al  piccolo cimitero della frazione delle Piagge. Da qui , come spinto da una forza misteriosa, inizierà  a percorrere il romantico sentiero che si inoltra  in un bosco fiabesco sino ai piedi della parete di travertino , simile ad un inaccessibile fortezza, che  sembra voler custodire segreti misteriosi e bellezze inenarrabili.
Questa impressione si consoliderà quando l’incantato esploratore noterà ai piedi della rupe una profonda  spaccatura della roccia, un vero e proprio profondo fossato, superabile salendo i gradini di una scalinata che,  come un ponte levatoio, consente l’accesso all’edificio, addossato alla parete di travertino, che ospitava il convento di San Marco, fondato, all’inizio del 1200, dai monaci cistercensi.
Incurante dei pericoli  il novello esploratore entrerà in una magica grotta, dove sono presenti  resti di tombe, altari, affreschi. Poi, affacciandosi ad una antica bifora, sarà ammaliato dalla visione della città che si stende ai suoi piedi, con le torri, i campanili, le piazze e le chiese. E di fronte ammirerà il profilo seghettato del monte dell’Ascensione, ricco di colori e colture nella parte più bassa e poi nuda, grigia e calanchifera nella parte più elevata e verso la cima.
Insieme noterà  l’abbandono in  cui versa un luogo così fantastico e penserà che sia il frutto di un malefico sortilegio”.
Se, poi, allontanandosi da questo angolo fantastico, proseguirà  il cammino seguendo il sentiero che si inoltra nel bosco, oltrepassata una strettoia dove si staglia verso il cielo un spettacolare obelisco di roccia,  indicato come il “ dito del diavolo”, poco oltre noterà i ruderi in completo abbandono di quello che una volta era il convento di San Lorenzo, edificio fondato nell’anno 750 da cenobiti, che abbracciarono l’ordine benedettino e rinato a nuova gloria dopo la visita ad Ascoli del poverello d’Assisi che diede nuovo impulso alle vocazioni monastiche locali, e potrà accedere, se coraggioso, superando uno stretto varco , in una  grotta, detta del Beato Corrado, dove  questo anacoreta per anni praticò le virtù della preghiera e della penitenza.
Tutto in abbandono, solo qualche dimesso cartello segnaletico, talvolta anche la presenza ossessiva delle scritte scriteriate degli imbrattatori di professione.
Pure, almeno per quanto riguarda l’eremo di San Marco, sembra che si voglia procedere all’indispensabile opera di recupero e restauro e che si pensi, forse, anche all’elaborazione di un progetto di valorizzazione e fruizione.
Tutto un forse, comunque. Per il momento nessun intervento è iniziato. Tutto rimane come prima e angoli che sarebbero la ricchezza di qualsiasi altro luogo, qui giacciono nel più completo abbandono.
La situazione appare ancora più grave se , allontanandosi, dal colle San Marco,verso ovest, seguendo il crinale del costone che divide le aste fluviali del Fiume Castellano e del Tronto, si sale verso  il Monte di Rosara. Qui , infatti, in un conteso ambientale di eccezionale valore, proprio ai piedi di una impressionante rupe di Travertino, dal colore rosa, da cui il nome Rosara dato alla località , giace ormai nel più completo abbandono un grande convento, quello di San Giorgio in Salmasio, così chiamato per la presenza, nei pressi, di fonti di acque salmacine o di  San Giorgio ai Graniti ( Ad Granitum), perché situato ai piedi della impressionante parete di travertino.
Questo convento fu costruito, nel 1382 , in onore dei seguaci di Fra  Angelo Careno di Cingoli e dei frati che seguivano la sua regola, conosciuti come Clareni o fraticelli “ de pauperae vitae”,  nella zona, dove, secondo la tradizione, si celebravano riti pagani legati  alle festività dedicate nel mese di maggio alla dea- madre, per i Sabini la Dea- Bona.
Questo legame con gli antichi riti si è conservato nel tempo, tanto è vero che sino agli anni cinquanta del secolo scorso , prima che  si aggravasse l’abbandono e il degrado del grande 
complesso, tutta la comunità ascolana  effettuava escursioni nel convento e nell’area circostante per tutto il mese di maggio.
Un fatto è certo , dopo secoli di splendore, il convento  dall’inizio del 900 è caduto in mani private  ed è stato progressivamente abbandonato al degrado, degrado che negli ultimi tempi è divenuto
gravissimo  e forse irreversibile se non si interviene immediatamente”.
Eppure ben altro meriterebbero  l’importanza storica del sito, il pregio dei residui ruderi del complesso architettonico, il ricordo di un fenomeno religioso e cultuale che ha coinvolto per secoli la comunità ascolana, l’eccezionale fascino paesaggistico e naturalistico di un sito irripetibile.
In primo luogo richiederebbero l’immediata “Dichiarazione “ di cui all’art. 13 del  Codice dei Beni Culturali, dovendo riconoscersi presenti indiscutibilmente l’interesse artistico, storico e etnoantropologico particolarmente importante, di cui al comma 3 dell’art. 10 del citato Codice per rendere obbligatoria( sulla base di quanto disposto dall’art 30 del Codice stesso) la non più rinviabile azione di recupero , restauro e conservazione del bene prima che l’inclemenza del tempo, gli eventi naturali, l’incuria degli uomini, la progressiva spoliazione di quanto ancora presente determinino la completa distruzione di un bene così  prezioso.
La Soprintendenza  per i Beni Architettonici e per Il Paesaggio, cui questa nota viene inviata per conoscenza, è da sperare “ voglia” porre in essere tutte le azioni efficaci che consentano la salvaguardia e la conservazione di un monumento così importante, dando avvio al richiamato procedimento di  riconoscimento dell’interesse culturale del bene.                                                                            Analogo impegno riteniamo debba essere messo ai fini del recupero  e della conservazione di questi beni da parte del Comune di Ascoli Piceno, nel cui territorio sono presenti sia il Convento di San Giorgio, sia gli Eremi del Colle San Marco( in questo caso , dando finalmente avvio ai lavori che sembra siano stati programmati e finanziati ).
Il Comune, la Provincia di Ascoli e la Regione Marche, a nostro parere, dovranno inoltre porre il massimo impegno per rendere possibile una fruizione intelligente di questi autentici tesori, prevedendo forme innovative di gestione dei siti, con progetti simili a quelli che hanno consentito, anche con benefici effetti economici ed occupazionali, la piena ed efficace valorizzazione e fruizione di 6 Parchi nel  cosiddetto  Distretto Culturale   della Val di Cornia in Toscana.
Anche nel nostro territorio sarebbe possibile prevedere la realizzazione di 6 o 7 parchi, tra cui quello degli Eremi  di San Marco e del Convento di San Giorgio.*
Senza dimenticare d’altra parte  l’impulso che la tutela e valorizzazione di questi siti potrebbe dare alla pratica dell’ riconoscimento di Ascoli come bene patrimonio dell’umanità dell’ Unesco.
Se è vero, infatti, che l’elemento di unicità e specificità che viene ritenuto fondamentale per questo riconoscimento è la presenza del travertino  nella conformazione materica del centro storico della città,  la pregnanza  caratterizzante di questo elemento verrebbe ulteriormente avvalorata da  questi due siti, in cui sono presenti  monumenti ricchi di fascino e storia inseriti in un contesto naturalistico di eccezionale valore con  le spettacolari pareti rocciose di travertino.
Non si può, infine, non segnalare questi due siti, quello degli Eremi di San Marco e quello del Convento di San Giorgio,  per il loro inserimento nella “Lista Rossa di Italia Nostra” dei monumenti d’Italia destinati all’oblio e alla distruzione, nella speranza che l’avvenuto inserimento in questa lista possa rivelarsi efficace per porre termine all’attuale condizione di abbandono e degrado, evitando che di queste ricche testimonianze rimanga solo un nostalgico ricordo.

                                                  Il Presidente della Sezione di Italia Nostra
 
                                                       ( Prof. Gaetano Rinaldi )



*( Appare opportuno segnalare quelli che potrebbero essere i parchi del Comprensorio ascolano:
1-      Parco degli Eremi di San Marco e del Convento di San Giorgio;
2-      Parco naturalistico delle aste fluviali del Tronto e del Castellano;
3-      Parco dei Calanchi e del Monte dell’Ascensione;
4-      Parco del sistema collinare piceno con al centro Offida;
5-      Parco del Tartufo che comprende il territorio di Roccafluvione e delle altre località dove è presente la coltura del pregiato tubero;
6-      Parco delle Ville Picene, con al centro quella di Villa Sgariglia di Campolungo;
7-      Parco delle aree naturalistiche e paesaggistiche dei Due Parchi  Nazionali dei Sibillini e dei Monti della Laga e del Gran Sasso comprese nel territorio della Provincia di Ascoli Piceno.
Sulle modalità di realizzazione dei parchi e sulle possibili forme di gestione , la Sezione di Italia Nostra formulerà delle precise proposte anche sulla base della progettata realizzazione del Distretto Culturale di Ascoli Piceno o delle” Terre  della Primavera Sacra”).


                                       Convento di San Giorgio

martedì 22 marzo 2011

ASCOLI : DAGLI ORTI MURATI AGLI ORTI URBANI


Giovedì 24 marzo alle ore 18 presso la Libreria Rinascita di Ascoli Piceno la Sezione di Italia Nostra organizza un INCONTRO dedicato ad un tema particolarmente interessante e di attualità:

Ascoli : dagli orti murati agli orti urbani.

Sono previsti tre interventi.
Il Presidente della Sezione, Gaetano Rinaldi, dedicherà la sua attenzione al problema degli Orti Urbani e al nuovo Piano Regolatore Generale di Ascoli.
Guido Biondi,  quale profondo conoscitore delle problematiche  riguardanti il centro storico di Ascoli, illustrerà, anche con la proiezione di diapositive le caratteristiche, la funzione e l’attuale condizione degli  Orti Murati cittadini in vista di una loro tutela, recupero e valorizzazione.
L’Avv. Evaristo Petrocchi, promotore per Italia Nostra del progetto  Orti Urbani, indicherà le caratteristiche di questo importante progetto,  condiviso dall’Anci,  dalla Coldiretti, dalla Fondazione Campagna Amica.
Alla proposta di Italia Nostra tra gli altri hanno aderito i Comuni di  Genova, Savona, Padova, Roma, Foligno. Ostuni.
L’incontro vuole essere il primo passo per sollecitare anche l’adesione del Comune di Ascoli e possibilmente di altri della nostra Provincia.
Per la realizzazione del progetto degli Orti Urbani è prevista la compilazione di schede  composte ognuna di cinque parti:” una prima parte storico-culturale del luogo interessato, una successiva riguardante le caratteristiche agricole della zona e dei relativi prodotti, una terza concernente specifiche notizie sul sito dell’Orto, una quarta le caratteristiche del progetto, una quinta ed ultima la gestione dell’Orto e le colture praticabili”.
Insomma un progetto complesso ed innovativo di cui appare opportuno discutere e comprenderne l’importanza.

La Sezione di Italia Nostra

Prof. Gaetano Rinaldi


giovedì 10 marzo 2011

Le Piazze di Ascoli : un ambiente da vivere, un patrimonio da rispettare.


                    E' concordemente riconosciuto che le Piazze di  Ascoli rappresentano uno degli elementi fondamentali dell'immagine della città del travertino.
                   Amanti del bello, in  numero sempre maggiore,  hanno scoperto questi autentici tesori, che si rivelano per gli incantati visitatori come spazi dotati di un fascino  di gran lunga superiore a quello immaginato.
                   Così questi ultimi, se da una parte restano ammaliati  dalla magica armonia  di Piazza del Popolo, una delle più belle piazze del mondo, dall'altra  ammirano con stupore  l'imponenza e lo spazio metafisico di Piazza Arringo . Senza dimenticare che per il momento non possono  valutare l'importanza  di Piazza Ventidio Basso , di cui  solo in parte riescono a intuire il fascino  misterioso, ora non completamente espresso per la presenza tremendamente invasiva del traffico e delle auto in sosta.                       
                 Ma, quando anche questo angolo della città verrà riportato al primitivo splendore,   un altra gemma si aggiungerà a quelle che già ora    risplendono nel panorama  della città.
                    Tutto ciò è  vero. Ma  a questo punto nascono dei problemi. Alcuni ritengono, infatti, che  la bellezza e il fascino delle piazze in sé non sia sufficiente per  conferire prestigio alla città e per valorizzarla e che sia necessario, invece,  utilizzarle  nei modi più disparati  per ottenere   migliori risultati.
                   Niente di meno esatto . E' certo, infatti, che la maggior parte dei visitatori giunge ad Ascoli non tanto per  fruire delle manifestazioni più o meno interessanti, quanto per godere dall'armonia e dalla bellezza delle piazze e di quel suo “ unicum” architettonico, che sovente vede occupato e quasi nascosto da installazioni invasive, restandone così  perplessa e contraddetta..
                   E' necessaria ,pertanto,  una riconsiderazione complessiva  di queste problematiche pur   senza  assumere  un atteggiamento  intransigente e una posizione critica di totale chiusura e rigetto delle  proposte formulate e delle iniziative  prese.
                  Se   è vero , infatti , che  una città come Ascoli non si presta  a  diventare  meta di  flussi turistici di massa , il tanto famigerato “ turisdotto” , come quelli che stanno sostanzialmente distruggendo la fisionomia e il fascino di mete come Firenze e Venezia ,  non per questo  è da respingere l'idea della realizzazione di manifestazioni di carattere popolare     capaci di richiamare   numeri elevati di visitatori per  brevi visite. .
                  Ma ciò , a nostro parere , deve  essere una prima temporanea opzione . Per il futuro e in prospettiva, siamo convinti , infatti, che la nostra città debba qualificarsi per un diverso tipo di turismo , che potremmo chiamare “ turismo della conoscenza “ , e cioè  una forma di esperienza che   miri a  favorire la presenza di visitatori  disposti a trattenersi per più tempo nel nostro territorio per entrare in un sistema di relazioni e di scambi culturali in grado  di arricchire reciprocamente ospiti ed ospitanti.
                  E' evidente che si tratta di un processo complesso, che presenta    notevoli  difficoltà  e  richiede un forte   capacità di valorizzare tutte le  risorse culturali locali  , di tutelarle nella maniera più opportuna ,  di renderle fruibili  in maniera intelligente .
                 Ciò comporterà , oltre al consolidamento dell'offerta  universitaria già presente , una  ulteriore espansione di questa offerta , evitando di disperdere le energie in  altri settori di studio  , approfittando , invece , della presenza della Facoltà di Architettura  , per realizzare un vero e proprio “ Politecnico delle discipline architettoniche “ , coprendo con  metodo innovativo ed con  entusiastico fervore tutti  i campi  , praticamente  illimitati , che  questa branca di studi abbraccia .
                E qui non  ci vuole molto per pensare a una serie di Master e corsi post.laurea e di specializzazione capaci di richiamare ad Ascoli , che di per sé già si presenta come un autentico laboratorio,  allievi, docenti e specializzandi italiani e stranieri, utilizzando in maniera intelligente i tanti prestigiosi contenitori di cui è ricca la città .
               Non è necessario , pertanto , andare alla scoperta , di altri settori della conoscenza : il nostro giacimento è già presente in città, si tratta solo di valorizzarlo e renderlo fruibile..
                     E'  evidente , d'altronde, che questa scelta potrà dare  risultati ottimali se saremo in grado di migliorare la qualità della vita , in modo da creare le condizioni per attrarre  i soggetti più innovativi e  preparati. La realizzazione di un  “ Distretto Culturale “ , che  si fondi su una autentica Cultura del Territorio e si ponga l'obiettivo di tutelare, valorizzare e rendere fruibili  le risorse culturali presenti nella città e nel suo comprensorio è di certo un valida risposta a questa esigenza.
                    Le altre iniziative , episodiche, puntuali e  di   profilo non particolarmente elevato non  dovranno necessariamente scomparire.
                     Ma , se proprio si  intende realizzarle, si dovrà assolutamente evitare di  utilizzare per le stesse gli  spazi più pregiati del tessuto urbano del centro storico, consentendo l'installazione  di strutture invasive e di  forte impatto che  annullano completamente e violentano l 'armonia dei monumenti , dei luoghi , delle piazze , non avendo alcun riguardo nemmeno per quelli che, nel panorama della città, rappresentano i punti più qualificanti e rappresentativi della vita civile e religiosa .-
                   . Ci riferiamo in concreto al Duomo cittadino  , al Palazzo Vescovile e a quello del Comune : sovente baracche, tendoni , cartelloni pubblicitari vengono direttamente addossati a questi monumenti ,  ostruendone quasi l'accesso.
                    Senza voler considerare, inoltre, l'aspetto dissacrante della musica sparata ad altissimo volume, non si sa in quali limiti rispettosa delle norme vigenti circa i decibel permessi.
                    Un fatto è certo: questa situazione determina, specie per  Duomo di Sant'Emido,  una oggettiva limitazione della libertà di culto , creando le condizioni per un' oggettiva e concreta violazione di un diritto costituzionalmente garantito.
                   Non si sa , inoltre, quali possano essere i danni  potenzialmente arrecati alle strutture di monumenti  vetusti ed insigni, meritevoli di una tutela rigorosa .                                                                                                                                                                                                              
A nostro parere  si tratta di una situazione insostenibile e non  più sopportabile, a cui si deve porre rimedio immediatamente, senza farsi fuorviare dall'idea che tutto ciò viene realizzato a fin di bene   per ridare vitalità al centro storico.
                     E' evidente, infatti, che i risultati conseguiti in questo modo sono temporanei ed
effimeri. .
                   Le proposte da noi formulate , invece, sono di carattere strutturale e la loro realizzazione , anche se più complessa e difficile, consentirebbe  risultati migliori assicurando uno sviluppo culturale ed economico solido e duraturo oltre che compatibile con le caratteristiche e con il prestigio del contesto monumentale cittadino .
                   Corre , infine, l'obbligo di rilevare  che, al di là di questi aspetti  che attengono all'uso dei luoghi e degli spazi ,   nella gestione complessiva della città e dei suoi luoghi più rappresentativi, prevale una sorta di sostanziale sciatteria . Riteniamo, quindi, che prima possibile si debbano adottare dei criteri rigorosi per quanto riguarda il decoro , l'arredo , le forme di illuminazione ,  l' utilizzazione degli infissi.
                   Basti a riguardo vedere quanto si verifica nella nostra Piazza più famosa:  infissi di pessimo gusto senza l 'indicazione di criteri uniformi  e scientificamente corretti( si passa quindi da quelli anonimi  ad altri di  ridondante aspetto funerario) ,  ombrelloni sistemati a seconda delle scelte e preferenze degli operatori , sedie e poltrone di tutti i tipi e di tutti i materiali , insegne di cattivo gusto ,  luci sparate ad intermittenza   per richiamare l'attenzione dei clienti, colonne dei porticati neri di un'antica sporcizia  e da tempo non puliti etc etc .
                   Il documento della Sezione di Itala Nostra vuole essere un invito pressante ad affrontare  questi problemi che pure sappiamo di difficile soluzione..
                  Riteniamo, infatti,  che la bellezza della nostra città , che , ne abbiamo avuto ripetute conferme, viene da tutti indicata come una delle più belle e preziose  d'Italia e quindi del mondo , meriti una più attenta considerazione e maggiore rispetto


                  Per quanto ci riguarda confermiamo la nostra disponibilità a fornire tutta la collaborazione possibile per  la soluzione dei problemi che abbiamo segnalato. La stesura del presente documento vuole essere, in questo senso,  un primo concreto segnale .


                                      Il Presidente della Sezione di Italia Nostra
                                              ( Prof. Gaetano Rinaldi )


Piazza Sant'Agostino

lunedì 7 marzo 2011

Ritorna il Piano Regolatore di Ascoli

Ritorna il Piano Regolatore di Ascoli




 Dopo un lungo periodo di silenzio si torna a parlare del  Piano Regolatore di Ascoli.
Le novità preannunciate , peraltro, non  inducono all'ottimismo. Non sembra, infatti, che si voglia porre alla base della nuova pianificazione urbanistica il problema della funzione che si propone per la città per farle riacquistare  il ruolo che le compete, specie in una situazione  come quella  che si sta venendo a determinare per la  ormai imminente divisione della provincia .
Come  avviene  di norma  in ogni angolo d'Italia si parla solo di nuove  edificazioni, del reperimento di nuove aree dove consentire lottizzazioni, dell'ipotesi di portare la popolazione della città a 75 mila abitanti( forse incrementando il numero  dei migranti o  dei Rom ? )
Cosi si pensa all'edificazione  nelle frazioni, all'occupazione dell'area di Campolungo , all'utilizzazione dell'area ex Carbon e altro ancora.
Quanto sostenuto dal Prof. Cervellati nel preliminare del Piano Regolatore Generale già presentato  all'epoca della Giunta Allevi e cioè che  il territorio di Ascoli risultava già eccessivamente urbanizzato e che  si trattava quindi  di  procedere alla riqualificazione e al restauro urbano ed ambientale, prevedendo prioritariamente  una progressiva utilizzazione degli edifici già esistenti, con particolare riferimento a quelli del centro storico, a quanto pare non rappresenterebbe  più  la proposta qualificante del tipo di sviluppo della città
In pratica , come avviene normalmente  nel nostro amato paese, si fa dipendere lo sviluppo solo dall'incremento  edificatorio.
E' quello che  è avvenuto a Roma , dove, a quanto sembra, pur in una fase di contrazione del numero di abitanti, è stata prevista l'edificazione di edifici per un numero esorbitante di abitanti, prevedendo l'occupazione di parti considerevoli dell'agro romano, denso di memorie storiche e di valori ambientali eccezionali..
E' la stessa cosa che avverrebbe ad Ascoli, dimenticando che la nostra città potrebbe  riacquistare il ruolo e la funzione che merita, solo utilizzando e salvaguardando al meglio le sue risorse  culturali e ambientali di pregio che  l'arricchiscono e la distinguono in tutta la fascia del medio adriatico.
In una conferenza dedicata all'argomento la Sezione di Italia Nostra  indicò proprio nell'Opzione Culturale l'unica possibilità che poteva consentire alla città di riacquistare un ambito di influenza più ampio di quello delimitato dalla esigua dimensione amministrativa , ambito di influenza che aveva caratterizzato la città nei tre momenti di  suo più grande splendore : periodo piceno, quando era la capitale della gente picena; periodo romano  e periodo che va dal 1100-1200  al 1500..
Poi  c'è stata una  precisa definizione dei confini , con l' assoggettamento conclamato alla Stato Pontificio; e l'ambito di influenza della città si  è ridotto progressivamente sino alla crisi attuale.

In realtà bisogna riconoscere  come vero che nel periodo che va dal 1500 al momento dell'unificazione dell'Italia   la forza propulsiva della città si è ridotta, con il prevalere dell'attività agricola svolta con il sistema della mezzadria. E' comunque rimasta l'evidente civiltà nella gestione del territorio da parte di una nobiltà, che, pur in un contesto periferico, ha conservato in pieno l'amore per il bello e per il territorio.
Da qui la realizzazione di un numero notevole di edifici di grande qualità nel centro storico , la  costruzione di due teatri , la realizzazione di un sistema di ville , che , pur in una situazione di grande degrado, ancora sono presenti in tutta la valle del Tronto da Porto d'Ascoli sino a Mozzano ed oltre.
Pur in un ambito più ristretto Ascoli ha , quindi, conservato una sua centralità e una funzione di piccola capitale del territorio Piceno.
Le cose sono cambiate sostanzialmente con la  unificazione dell'Italia. Infatti dopo questo evento i collegamenti nord sud che prima  prevedevano necessariamente il passaggio per Ascoli  dove erano presenti i ponti e le strade, si sono spostati verso la costa dove vennero realizzate la ferrovia  e la starna nazionale adriatica.
Ciò ha comportato il progressivo spostamento verso il mare delle funzioni commerciali, dei servizi e della forza di attrazione.
Capacità di attrazione non compensata dalla presenza degli apparati burocratici della nuova Provincia di Ascoli ,  che anzi hanno contribuito,  entro certi limiti, a  bloccare ulteriormente la forza propulsiva della città , caratterizzata ormai dai tipici modi di essere di una sonnolenta  e bloccata vita di provincia interna.
Deve convenirsi peraltro che anche in questo periodo più sonnolento la civiltà architettonica della città ha conservato un certo smalto .Basti a riguardo ammirare  l'eleganza  della Piazza Simonetti su cui si affacciano alcuni edifici realizzati  nello stile eclettico e liberty ( tra cui il Cinema Olimpia dell 'Arch Pilotti ora in condizione di estremo degrado e di cui si può ben a ragione temere la distruzione ).
Trascorso velocemente il periodo del ventennio ( almeno per noi che non eravamo presenti ) con alcuni interventi architettonici significativi, è arrivato il dopoguerra in cui si è verificata una  straordinaria espansione urbanistica  di consumo, certamente di qualità scadente, che ha occupato tutti i lembi pianeggianti del territorio , con  una progressiva attenzione alle parti collinari.
Questa espansione ha determinato un ulteriore fenomeno , da aggiungere a quello della privazione della forza di attrazione della città capoluogo. Infatti  l'espansione ha contribuito a privare di forza di attrazione e di spinta vitale  anche il centro storico che è in buona parte privo di abitanti ed è diventato sostanzialmente la periferia di tutto il tessuto urbano.
Si tratta, quindi, nella elaborazione del nuovo piano regolatore di dare un duplice risposta.
Come ridare vitalità e  forza d'attrazione al centro storico rispetto al  complessivo attuale  sistema urbano di Ascoli  caratterizzato da una progressiva espansione verso est,  dove necessariamente  va a confrontarsi con nuclei abitati dotati di una forza di attrazione ben più consistente e poderosa ( si legga San Benedetto e Riviera delle Palme ) , senza dimenticare il fenomeno inquietante dei “ non luoghi” rappresentati dai nuovi  “ abominevoli”( almeno dal punto di vista architettonico ed ambientale ) centri commerciali:
Come ridare centralità e  capacità di attrazione a tutta la città di Ascoli nei confronti di un territorio che non sia solo quello di stretta competenza amministrativa della città.
Sono, certamente, problemi di notevole complessità , che richiedono approfondimenti adeguati,una mentalità aperta all'innovazione, il rifiuto di soluzioni  regressive .
Una risposta positiva non sarebbe certamente quella che prevede una ulteriore espansione edilizia  nelle residue aree libere del territorio di Ascoli verso Est ( Zona di Campolungo e quant'altro). Così come non contribuisce a ridare vitalità al centro storico l'abnorme cubatura previsto per il cosiddetto centro direzionale di Viale Indipendenza, che approvato in un primo momento solo per ospitare uffici ed esercizi commerciali, si vorrebbe ora destinare alla  residenzialità . Ci chiediamo , se spostiamo gli abitanti e le attività lontano dal centro,  questo come viene utilizzato ?
E' forse sufficiente organizzare la Sagra del Fritto Misto per ridare vitalità a questa parte fondamentale del tessuto urbano ?
Cosa ne facciamo delle tante Chiese chiuse al culto, cosa dei tanti Palazzi Nobiliari in condizione di abbandono ? Cosa delle Piazze vuote ?
Sono domande a cui deve essere data una risposta non emotiva , razionale ed intelligente.
Una proposta è quella della opzione culturale, che significa in primo luogo salvaguardia e riqualificazione con accorta intelligenza del tessuto urbano esistente, in particolare del centro storico, avendo peraltro cura di evitare un ulteriore  occupazione delle residuali aree libere della parte pianeggiante della valle del Tronto , non consentendo l'ulteriore edificazione delle aree collinari che circondano la città e che formano un quinta fondamentale del paesaggio urbano di Ascoli.
A questo proposito , ben sapendo che l'eventuale destinazione a verde pubblico di tutte queste aree non consentirebbe,  per  l'assoluta mancanza di fondi , la  loro effettiva utilizzazione, si potrebbe  ottenere lo stesso risultato adottando le stesse procedure seguite dalla   civilissima  Ferrara. , che, prima città in Italia, ha vincolato circa 1800 ettari di terreno  con il sistema della cosiddetta “Addizione Verde”. In pratica tutta la vasta area che si estende da Ferrara al Fiume Po  è stata assoggettata ad una serie di vincoli di utilizzazione che ne consentono la salvaguardia  e riqualificazione, privilegiando forme di agricoltura biologica, il rispetto di forme colturali tradizionali e quant'altro,  lasciandone la proprietà e  la gestione ai legittimi proprietari, vincolati al rispetto delle prescrizioni ed indicazioni del piano e in pari tempo avvantaggiati da  una normativa fiscale di favore e dall'erogazione di fondi comunitari..
Il piano prevede  inoltre una fruizione non invasiva dei luoghi da parte del pubblico  e  la gestione diretta e pubblica solo di un'area di circa 80 ettari.
Così Ferrara che si è dato il primo Piano Regolatore della storia con la  cosiddetta Addizione Erculea , con questa iniziativa si è posta ancora una volta all'attenzione ed ammirazione del mondo intero come antesignana della gestione civile ed intelligente del proprio territorio.
E i risultati positivi si vedono .Ferrara diventa progressivamente una  città meta del turismo culturale e di qualità , tanto da essere stata scelta come sede italiana dell'Eremitage di  San Pietroburgo.
Non appare inopportuno accennare brevemente anche alla questione di Campolungo. Questa zona di Ascoli rappresenta indiscutibilmente uno degli angoli più denso di valori storico ambientali  e va salvaguardata  nella sua integrità, anche perché è l'unica  area  contigua alle  Ville storiche della Valle del Tronto, ancora rimasta fortunatamente integra  stante la proprietà pubblica dell'area.
Se si volesse, come sarebbe opportuno ., procedere alla creazione di una rete o percorso delle ville nobiliari, per consentirne almeno una fruizione visiva, partendo da Cupramarittima  sino  a quelle di Mozzano per arrivare ai due Parchi Nazionali, l'area di Campolungo assumerebbe necessariamente la posizione centrale e diventerebbe il punto di riferimento indispensabile di questo patrimonio irripetibile.
La distruzione di questa area  sarebbe , dal punto di vista ambientale  e storico, una vera e propria iattura , che va assolutamente evitata.
L'opzione culturale significa altresì tutela, valorizzazione e fruizione della pregiate risorse culturali del territorio, che comprendono come è noto il patrimonio storico artistico architettonico, il patrimonio naturalistico e quello delle tradizioni antropiche,  con la realizzazione del Distretto Culturale Piceno, sulla base delle indicazioni che verranno fornite dallo studio di pre-fattibilità , che sta effettuando la Sezione di Italia Nostra
Rimane naturalmente fondamentale  in questa prospettiva anche la valorizzazione del sistema universitario piceno, che, a nostro parere dovrà evitare di disperdere le scarse risorse nell'attivazione di corsi di laurea  non si sa quanto funzionali allo sviluppo del territorio , approfittando, invece , della presenza della Facoltà di Architettura, per realizzare un vero e proprio Politecnico delle Discipline Architettoniche( con la creazione di corsi di laurea, master e quant'altro che coprano tutti i campi  di questi affascinati  ambiti di studio e ricerca ) , che , inserito in un conteso ambientale ed urbano così pregiato come quello piceno, in tempi brevi potrebbe far diventare Ascoli una meta di studenti e studiosi provenienti da tutto il mondo.( consentendo l'utilizzazione  adeguata di tanti edifici di qualità, di cui ora non si riesce a pensarne un uso se non quello residenziale- si veda il caso del Palazzo Sgariglia che  vedrà  disintegrata   la sua struttura elegante, ricca di sale affrescate, scaloni ed altri ambienti di pregio,  per diventare un'anonima  struttura per ospitare studenti)
Almeno una volta non sarebbe inopportuno pensare in grande  !.
Per finire va riconosciuto che una della cause che ha favorito lo sviluppo della città nei periodi di più grande splendore è stata la presenza delle strade e dei ponti.
E' evidente quindi la necessità di un impegno grande per dotare Ascoli di una infrastruttura fondamentale.
Parliamo della ferrovia dei Due Mari . A questa utopia devono credere almeno gli Ascolani.
Nel piano regolatore si preveda , quindi, questa infrastruttura , indicando  almeno il sistema di attraversamento della città..
Ci sia , poi, un impegno concorde  per chiederne la realizzazione , limitandola in un primo momento sino ai due Parchi Nazionali, indicandola come la Ferrovia dei Due Parchi.
Giunti ad Amatrice  può darsi che anche i meno disposti a comprendere  l'importanza di questa opera potrebbero ricredersi e incominciare  a pensare come i Grandi Romani , che realizzarono la Strada Consolare Salaria. 

 Gaetano Rinaldi
 Presidente della Sezione di Italia Nostra


                                Panorama di Ascoli Piceno